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Ezio Giorgetti

(1912 - 1970)
Giusto tra le nazioni


Era il 17 giugno 1964 quando Ezio Giorgetto fu onorato in Israele con il titolo di 'Giusto fra le nazioni' presso l'Istituto Yad Vashem di Gerusalemme, che dal 1953 è impegnato in un meticoloso lavoro di ricostruzione storica sugli eventi legati all'Olocausto, al fine di riconoscere e perpetuare la memoria di martiri ed eroi della Shoah. Il comm. Giorgetti, notissimo albergatore di successo, legato intimamente alla vita economica e mondana di Bellaria, fu il primo dei 295 “gentili” - ossia non ebrei - italiani ad essere invitato e onorato ad Israele col titolo di Giusto, onore riservato a tutte le persone che nel corso del secondo conflitto mondiale rischiarono la propria vita per salvare il popolo ebraico dalla minaccia nazifascista.
Ezio Giorgetti
L’11 settembre 1943 da Asolo (Treviso) un gruppo di 27 ebrei giunse a Bellaria a bordo di un autocarro. Fuggiti da un campo di internamento civili, erano legati alla speranza di potersi spingere verso sud, vero e proprio lasciapassare per un sicuro ritorno in patria. Capo carismatico e guida del gruppo era l'avvocato Ziga Neumann, catturato nel 1941 a Zagabria dai tedeschi, internato nel campo di concentramento di Kerestinec, nei pressi di Zagabria, e da lì fuggito con la moglie, la figlia Maia e il genero Josef Konforti. Insieme ripararono a Spalato, sulla costa dalmaziana e da lì, il primo agosto del 1941, furono inviati con altri rifugiati ad Asolo. Dopo una breve tappa ad Adria, nel Polesine, la scelta di Bellaria quale destinazione del viaggio verso sud va ricondotta alle conoscenze personali di Clara Fieda, nobildonna di Asolo, nella cui villa Neumann e gli altri furono ospitati prima della partenza. La donna era cliente dell'hotel Miramare e amica di Piero Giorgetti, figlio del proprietario dell'hotel, al quale Clara indirizzò una lettera di presentazione del gruppo di ebrei, qualificandoli genericamente come 'profughi stranieri' e pregando lo stesso Piero di ospitarli per un breve periodo, giusto il tempo di farli organizzare per poi proseguire verso sud. L'hotel Miramare era in quei giorni pieno di sfollati, e il padre di Piero rifiutò di accogliere i 27 ebrei. “Dubito che il vecchio Giorgetti ci avrebbe accolti -dichiarerà poi Konforti- anche se avesse avuto camere libere. Era intelligente e capì subito che noi eravamo ospiti che potevamo metterli in pericolo”. L'albergatore si prese comunque il disturbo di trovare una sistemazione al gruppo, dirottandolo verso Rimini. Pochi minuti di viaggio e la comitiva incontrò Ezio, fratello di Piero e proprietario dell'hotel Savoia. Ezio aveva saputo del rifiuto del padre di ospitare i profughi e pensò bene di riportarli sui loro passi, dandogli ospitalità nel suo albergo. Poche battute fra i due fratelli, e la vicenda di quello che sarà il primo 'Giusto fra le nazioni' italiano ebbe inizio. “Li accolsi -ricorderà 21 anni dopo Ezio Giorgetti- e solo dopo qualche giorno, visti i vani tentativi di noleggiare una barca da pesca e di allontanarsi via mare, mi dichiararono di essere ebrei e di rimettersi nelle mie mani. Erano tutti vecchi, donne e bambini. Che avrei dovuto fare?” Così, da una decisione presa per motivi puramente economici, al fine di allungare la stagione lavorativa ormai agli sgoccioli con l'ingresso del folto gruppo di 27 ospiti, cominciò per la famiglia di Piero uno degli anni più avventurosi e rischiosi della loro vita, durante il quale Ezio diede prova di grande scaltrezza e sensibilità umana, accollandosi la totale responsabilità della vita del gruppo di fuggiaschi ebrei. Una prova di grande coraggio e umanità per la quale Giorgetti non ha mai mancato di minimizzare, come ricordano ancora oggi le figlie Maria Teresa e Giovanna, asserendo di avere fatto quello che chiunque altro si sarebbe sentito in dovere di fare.

Al gruppo di 27 persone ospiti al Savoia, si aggiunsero quasi subito altre tre persone, appartenenti alla famiglia Lackenback, anche essi vincolati da parentela al gruppo di ebrei; con loro, anche la famiglia Deutch, composta da quattro persone che rimasero al Savoia per un periodo brevissimo. Al Savoia la vita del gruppo di fuggiaschi si organizzò in maniera regolare, nonostante la gendarmeria tedesca avesse il proprio comando situato a 50 metri, presso l'albergo Milano. Pochi del gruppo di ebrei conoscevano la lingua italiana, per cui la maggior parte cercava di evitare contatti con il mondo esterno. L'esigenza più grande, andata a monte la possibilità di una fuga verso sud in tempi brevi, era quella di procurarsi documenti falsi e di occultare accuratamente quelli autentici. Fu durante la permanenza al Savoia che avvenne l'incontro fra Josef Konforti e altre due persone che avranno un ruolo importantissimo nello svolgimento della vicenda. Il primo era Giuseppe Rubino, sfollato da Milano e originario di Barletta, che avrà un ruolo non indifferente nell'approvvigionamento del gruppo e nella falsificazione dei documenti. L'altro era il maresciallo dei carabinieri Osman Oscar Carugno, la cui irreprensibile condotta professionale ed umana gli ha concesso di essere a sua volta riconosciuto da Israele come Giusto nel 1986, successivamente a Giorgetti. Di lui ricorda Josef: “Carugno aiutò senza nessun compenso. All'inizio, come ci disse, compì il suo dovere, ma se ci avesse mandato fuori dalla zona di sua competenza, nessuno avrebbe potuto incolparlo di non aver comunque fatto il suo dovere, o di aver cooperato col nemico. Lui era un fedelissimo del Re ed eseguiva gli ordini senza esitare. Col tempo, fra lui e mio suocero si allacciò una vera amicizia. Il suo comportamento era da amico e non da uno che eseguiva ordini. Quando uscimmo dal territorio di sua competenza, lasciò tutto e venne ad aiutarci”.
Il trascorrere relativamente tranquillo della vita al Savoia fu interrotto però da un ordine del generale tedesco Kesselring. L'ordine era quello di evacuare le abitazioni situate sul litorale, al fine di costruire una linea difensiva ed adibire i locali dell'hotel ad alloggi per le truppe.
D'accordo con la famiglia Biribanti, Ezio organizzò il trasferimento del gruppo a Igea Marina, presso la pensione Esperia. La sicurezza degli ebrei fuggiaschi venne garantita da Ezio, da Carugno e, con loro, da persone che sapevano, ma non esitarono a 'coprirli'. Fra questi, anche il segretario del partito fascista, Mirko Mussoni.
Da sinistra: Ezio Giorgetto e Ziga Neumann
All'Esperia, ancora privi di documenti, gli ebrei vissero per circa tre settimane, rimanendo a finestre chiuse durante il giorno, uscendo solo nelle ore di buio, al fine di rimanere il più possibile lontani da occhi indiscreti. Ebbero contatti anche con don Emilio Pasolini, emissario del vescovo di Rimini, mons. Vincenzo Scozzoli, che si prodigò a dar loro aiuto materiale (cibo e coperte) e soprattutto morale. Grazie alla cooperazione fra Ezio, Giuseppe Rubino (che procurò un timbro falso del comune di Barletta), il segretario comunale di San Mauro Pascoli Alfredo Giovannetti (che già si era prodigato per avere le carte annonarie per le razioni di generi alimentari) e il maresciallo Carugno, gli ebrei ebbero i loro documenti falsi. Incontrando però un problema: le carte d'identità erano state scritte da Gigi, il più piccolo dei fratelli Giorgetti, e quando il padre lo venne a sapere ordinò immediatamente di eliminare quei documenti, poiché non intendeva che un altro dei suoi figli si 'sporcasse le mani' con un lavoro da falsario. Le carte vennero così riscritte, con immensa fatica a causa della grafia e di un alfabeto così diverso dal loro, da Konforti e Hugo Schwarz, altro membro del gruppo. Risolto il problema dei documenti, si ripresentò nuovamente quello dell'alloggio. I tedeschi sequestrarono l'Esperia e Ezio fece trasferire quelli che forse ormai considerava come amici in una cascina della tenuta dei Torlonia, a San Mauro, nella zona dove la famiglia Giorgetti abitava durante il periodo invernale. A San Mauro, il gruppo riconquistò una certa libertà: pur mantenendosi restii a coltivare relazioni con l'esterno per ovvi motivi di sicurezza, avevano coi contadini del luogo relazioni cordiali, probabilmente facilitate anche dalla maggiore tranquillità della campagna rispetto a Bellaria, continuamente presidiata dai tedeschi. Durante la permanenza a San Mauro il gruppo infittì i suoi rapporti anche con un altro bellariese che, nonostante la sua appartenenza politica, non esitò ad aiutarli. Questi era il farmacista Giuseppe Olivi, che strinse una profonda amicizia con l'avvocato Neumann e sostenne il gruppo nel bisogno di cure e medicinali. Il gruppo rimase alla tenuta fino a metà febbraio, quando a causa del sequestro imposto dai tedeschi, si rese necessario un nuovo trasloco. Ezio interpellò allora Alfonso “Cino” Petrucci, proprietario dell'hotel Italia di Bellaria, accordandosi per ospitare quegli ebrei che Carugno presentò a Petrucci come “suoi amici” e per i quali lo stesso Ezio si fece garante. Ai 30 ebrei del gruppo originario, dopo la partenza dei Deutch, si unì la famiglia Freilich, composta da quattro persone, cui se ne unirono in seguito altre tre. Il pericolo all'albergo Italia era costante. Infatti, lo stabile era una sorta di alloggio fisso per i tedeschi, i quali pretendevano ci fossero sempre stanze libere per loro eventuali esigenze. Le tensioni in questo senso furono notevoli e ripetute, soprattutto perché spesso il gruppo di ebrei si trovò a vivere fianco a fianco con le truppe tedesche. Questo fino a giugno del 1944, quando lo sfollamento venne imposto a tutti i bellariesi, a causa del procedere verso nord della linea del fronte. Nel nuovo trasferimento fu impegnato Carugno, che offrì la sua protezione, Petrucci, che collaborò in quanto sfollato, e ancora Ezio, che considerò la possibilità di consultare suo cugino, Giannetto Filippini. Giannetto mise a disposizione degli ebrei un mezzo di trasporto, dando alcune 'dritte' su alcune località del Montefeltro, dove poter trovare un rifugio sufficientemente ampio e sicuro per accogliere il gruppo. La scelta cadde su una villa appartenuta al parlamentare prefascista Angelo Bettelli, situata a Madonna di Pugliano Nuovo. Nella villa abitava la moglie di Bettelli, che non esitò ad accordare al gruppo il permesso di usufruire della sua abitazione che, isolata e lontana dalla linea del fronte, si presentava come soluzione ottimale. Fu Ezio ad accollarsi parte delle spese che gli ebrei dovettero affrontare nella loro permanenza a Pugliano, aiutato dal maresciallo Carugno, che garantiva continuamente la sua protezione facendo la spola fra Bellaria e la nuova residenza del gruppo, premurandosi con Ezio che tutto procedesse in estrema sicurezza. La nuova sistemazione coprì il periodo estivo, fino a quando i tedeschi, adocchiata la villa, pretesero di sequestrarla per farne un ospedale militare (cosa che in realtà non fecero, usando lo stabile come deposito munizioni).

L'ultima destinazione del gruppo di ebrei fu Pugliano Vecchio. La proposta di trasferirsi al paese venne dal signor Gabrielli, un abitante. Non esistendo edifici abbastanza grandi per ospitare un gruppo così numeroso, gli abitanti di Pugliano trovarono un'altra soluzione: ognuno mise a disposizione una stanza della propria casa, destinandola agli ebrei. Questi, commossi dal gesto di sincera generosità di quella gente, accettarono. Trascorse così l'ultimo periodo prima della liberazione da parte degli Alleati, in un clima che alternava periodi di relativa pace a periodi di estrema tensione, a causa dell'arrivo continuo di truppe tedesche in paese. Intanto, sulla costa adriatica si vivevano i momenti più drammatici degli scontri: quella di Rimini, martoriata dai bombardamenti, è ancora oggi considerata dagli ufficiali inglesi, americani e tedeschi di allora, una delle battaglie più dure del secondo conflitto, alla stregua di El Alamein e Monte Cassino. Sicuramente, una delle battaglie in cui si verificò un'alta concentrazione di mezzi in un'area piuttosto limitata. 52 i bombardamenti solo a Bellaria, che devastarono la zona del porto, senza toccare uno solo degli obiettivi definiti, ma causando distruzione fine a se stessa.
Il 27 settembre 1944, in seguito alla liberazione di San Mauro Pascoli, Ezio Giorgetti fu contattato dagli Alleati. Gli fecero una domanda a bruciapelo su un gruppo di ebrei che lui aveva contribuito a salvare: volevano sapere dove erano nascosti, per prestare loro un definitivo soccorso. Questo testimoniava di come gli inglesi avessero seguito segretamente le mosse di quel 'piccolo' bellariese. Da Pugliano, il gruppo di ebrei era intanto stato condotto a Pesaro, in un campo alleato, e da lì poi a Bari e finalmente in Israele. Ma prima della partenza definitiva, Josef Konforti chiese di poter incontrare il suo benefattore. Si rividero a Rimini, grazie alla Brigata Ebraica, raccontandosi gli avvenimenti degli ultimi mesi, dopo lo sfollamento. Tornarono insieme a Bellaria, per constatare i danni causati al Savoia e al paese. Poi si salutarono, ma non per l'ultima volta. (Elisabetta Santandrea; Il testo è tratto dal sito http://www.ilnuovo.rn.it/ezio.html ove è corredato anche da documentazione fotografica.)

Nel Parco del Gelso di Igea Marina alla memoria di Ezio Giorgetti e Osman Carugno, sono intitolate due piazzette.

Per saperne di più
Josef Conforti, Estratto dal diario di guerra, in Anna Falcioni ed altri, Storia di Bellaria-Bordonchio-Igea Marina, Ricerche e studi sul territorio (1500 – 1970), Vol. III, Rimini, Ghigi, 1994, pp. 339 – 356.
Emilio Drudi, Un cammino lungo un anno Gli ebrei salvati dal primo italiano “Giusto tra le Nazioni”, Firenze, Giuntina, 2012.
Elisabetta Santandrea, Giusti fra le nazioni: Ezio Giorgetti e Oscar Osman Carugno: Bellaria Iega Marina, 1943/44 a fianco degli ebrei perseguitati, Catalogo della mostra, Traduzioni Valia Della Valle, Comune di Bellaria Igea Marina, 2014.

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