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Il Porto

Uno dei luoghi più ricchi di vita della Bellaria di ieri e di oggi è il porto. Già dalla fine dell’ottocento, sulla sinistra della foce dell’Uso, si estendeva una borgata di case, poco più che capanne, abitate da pescatori, che ricoveravano le loro barche nel fiume, precariamente adattato a rifugio portuale. Si trattava di lance, battane, e paranze, piccole imbarcazioni a vela e a remi, utilizzate per la pesca “terriera”, cioè vicina alla costa. Non sempre però riuscivano a salpare o a rientrare per via dei fondali troppo bassi, pericolosissimi con mare agitato, motivo di perenne rivendicazione da parte della marineria bellariese.
Il Porto, cartolina, anni '40/'50, Archivio Laboratorio di documentazione e ricerca sociale
Porto canale, Fulvio Cesari, 2017

Si pescava di tutto: sgombri, acciughe ( sardùn ), papaline ( saragoeni ), aguglie ( gusèl ), sarde ( sardèli ), triglie ( barbùn, ròssli ), seppie ( sòepi ), baraccone ( baràcli ), sogliole ( sfòi ), passere ( pàsri ), calamari ( calamèri ), canocchie ( canòci ), cefali ( zòevli ). Durante l’inverno si pescavano i ghiozzi ( mursiùn ), i bianchetti ( òmni nud ), le aterine ( aquadeli ), i garagoli ( gurugùl ), sulla riva si raccoglievano vongole ( puràzi ), telline ( calznèl ), cannelli ( canèl ).

Per la pesca delle anguille si verificava una vera e propria migrazione autunnale verso il Delta del Po, dove i pescatori trascorrevano mesi in capanne di legno e di paglia. I più giovani e gli anziani, nella buona stagione, praticavano la “tratta”, ovvero una rete distesa dalla barca e poi tirata a braccia dalla riva.
Le pescivendole si incaricavano infine, in bicicletta, di portare il pesce nelle borgate e nelle case sparse dell’entroterra, scambiandolo spesso con i prodotti agricoli.
L’attività peschereccia a Bellaria non si è mai interrotta, nonostante che il porto, pur migliorato nelle strutture, non consenta l’attracco di imbarcazioni più grandi come quelli vicini di Rimini e Cesenatico.
Oggi gli addetti alla pesca sono circa 120 riuniti in cooperative. Si dedicano, con tecniche rinnovate, alla pesca a strascico, alla pesca delle vongole e a quella da posta con reti a tramagli; con le nasse alla cattura delle seppie, con i cestelli a quella delle lumache di mare, con i cugulli o bertòvelli a quella delle anguille; e alla coltura, in campi marini, di mitili e ostriche. Ancora, nelle vie del paese si sente talvolta il richiamo delle pescivendole, ma la maggior parte del prodotto viene commercializzata attraverso la grande distribuzione. Attualmente il mercato ittico si trova a Igea Marina, in via dei Saraceni, a monte della ferrovia.
Raduno di barche storiche della marineria velica, Nerio Zanzini, 2002
Gita in mare, Piter Brizzi, 2014

Proseguendo per quella via lungo il marciapiede alla destra dell’Uso, in pochi minuti si raggiunge il “Noi”, Museo della Storia e della Memoria di Bellaria Igea Marina.
La Vecchia Pescheria
La vecchia pescheria fu costruita nel 1924 e fino agli anni ’80 ospitò la vendita al dettaglio del pesce. Successivamente cadde in disuso e le pescivendole si trasferirono in via Rubicone, in prossimità del ponte stradale. La Vecchia Pescheria oggi, durante l’estate, è sede di incontri, esposizioni e del mercatino del baratto dei bambini.
La vecchia pescheria, Federica Giorgetti, 2018
Le Pescivendole
...più lontano, in mezzo alla via, uomini e donne circondavano una di quelle zingaresche pesciaiuole di Bellaria; la quale si stava appollaiata, alta, su le coffe del pesce, in vetta al suo baroccino sgangherato. Giovanissima era; ma garriva che facessero presto, garriva con violenza perché il pesce si corrompe col sole. «E vi do, oggi, o popolo, da mangiare per niente!» dicea. Bene gli uomini le gettavano parole salaci. Ma ella teneva fronte a quei motti, e pur non cessava dal contare il rame ed il nichel su le piccole palme, limate dall'acqua del mare.
«Va là Marcòn!» disse quand'ebbe finito: e lanciò la sua rozza, disperata lei e la rozza, pel lungo viaggio nell'arsa campagna.

(Alfredo Panzini, “Viaggio di un povero letterato” - 1919)
Marina Quadrelli (1919-2006)
Si vedevano in tutte le strade e in tutte le stagioni. Giravano a piedi con in testa un cesto di pesce ancora vivo, appena pescato dai loro uomini. Gridavano “Pesce, pesce vivo!”
Una di queste era mia nonna Mina. Ogni notte andava da Bellaria a Cervia a prendere il pesce pescato da suo marito che stava nel capanno sulla spiaggia di Cervia, dove la pesca era più ricca. All’alba, sempre a piedi, lo portava sulla testa a vendere al mercato di Rimini. Faceva sessanta chilometri al giorno, con sei figli da allevare e lo spago per la rete da filare.

( Maura Calderoni, “Le uova della Luna” )


Per saperne di più:
Mario Foschi, "L’occhio del gabbiano, Nascita, sviluppo, declino di una grande marineria", Santarcangelo di Romagna, Fara, 1998.
Daniela Bascucci, Cristina Buda, Tiziano Bugli, Maria Cristina Garavini, Roberto Giorgetti, Gualtiero Gori (a cura di), “Purazi… Doni! I mangiari nei racconti della gente di mare, Rimini, Panozzo”, 1995.

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Info

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Sede Biblioteca A. Panzini - Primo Piano
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dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 13.00, giovedì dalle 10.00 alle 17.00

Telefono: 0541.343747 - 0541 343746
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